Le pulsioni libidiche come fenomeni mentali:
Melanie Klein ha fornito un contributo importante per l’analisi e la comprensione dei vissuti infantili, attraverso una riflessione originale sul mondo interiore. La studiosa condivide la concezione del dualismo pulsionale ma ritiene che le pulsioni libidiche e aggressive non debbano essere considerate da un punto di vista biologico, bensì come fenomeni mentali. La Klein sposta l’attenzione dai conflitti psichici al mondo interno personale che si sviluppa attraverso la relazione con l’oggetto.
La relazione del neonato con gli oggetti interni:
Melanie Klein ritiene che il neonato sperimenti da subito delle relazioni oggettuali, ovvero delle relazioni con gli oggetti, anche se si tratta di oggetti interni, come angosce, fantasie, emozioni e rappresentazioni mentali (i cosiddetti fantasmi). Tali oggetti sono connessi all’esperienza del bambino e collegate ai suoi bisogni fisiologici. Sei bisogni sono soddisfatti, il bambino prova piacere e fa esperienza dell’oggetto buono (presenza fisica della madre); se il bisogno non è appagato il bimbo vive l’esperienza frustrante del non appagamento del bisogno cui corrisponde l’oggetto cattivo (assenza della madre). Klein chiama questa fase posizione schizo-paranoide poiché un unico oggetto viene scisso in due, costituendo un oggetto buono quando gratifica, e un oggetto cattivo quando non soddisfa i bisogni del bambino. Successivamente intorno ai 5/6 mesi il bambino scopre che questi due oggetti sono la stessa persona e che la madre rappresenta le due realtà opposte, quella gratificante e quella frustrante. Inizia così la posizione depressiva caratterizzata dalla paura di perdere l’oggetto amato. Nella fantasia del bambino tale perdita è correlata a impulsi sadici. Contemporaneamente alle fantasie sadiche nasce il senso di colpa relativo all’aver avuto queste fantasie, alla paura di aver distrutto l’oggetto amato. Pertanto, secondo Klein, il bambino sperimenterebbe una condizione di ambivalenza, di amore e odio verso l’oggetto amato, ambivalenza che si rivela essere il fulcro del conflitto interiore. Il bambino supera in parte la posizione depressiva sperimentando la permanenza dell’oggetto e confortato dalle gratificazioni materne che compensano le frustrazioni. L’oggetto buono è interiorizzato e arricchisce l'Io.
Il gioco come tecnica terapeutica:
Melanie Klein individua nel gioco una tecnica che permette la terapia psicoanalitica. Attraverso il gioco libero con pupazzi, giocattoli, oppure attraverso l’uso di materiale vario il bambino esprime le sue emozioni, i timori, i desideri, i conflitti inconsci. L’analista deve considerare i vari aspetti del gioco del bambino: quali materiali sceglie, in che modo sei giocattoli, che cosa produce. In seguito deve esprimere al bambino l’interpretazione delle sue fantasie in modo diretto, poiché tale interpretazione viene colta dal bambino a livello inconscio. Attraverso la terapia, il bambino può superare i conflitti e controllare il senso di colpa.
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